Cresciuta di venti volte la concentrazione nell’acqua prima del sisma di Amatrice. Ora i ricercatori si interrogano se può servire come sistema di allarme per le nuove scosse.
L’acqua è cambiata, prima del terremoto di Amatrice. Da marzo-aprile 2016 (la prima scossa è del 24 agosto), 7 sorgenti e un pozzo tra Sulmona e Popoli (a 70-100 chilometri dall’epicentro) si sono arricchiti di ferro, vanadio e arsenico. La loro concentrazione è aumentata fino a 20 volte. L’acidità si è leggermente accentuata, insieme alla presenza di anidride carbonica. Le alterazioni sono proseguite anche dopo la scossa principale. Il livello delle falde acquifere è cresciuto di alcune decine di centimetri e il cromo si è aggiunto al mix di elementi misurati nelle sorgenti. I ricercatori, sempre schivi di fronte alla parola “precursori sismici”, sostengono che questa volta ci sono indizi concreti. “Quella dei precursori è una frontiera ancora lontana. Ma noi speriamo di aver fatto dei passi avanti per raggiungerla” scrivono su Nature Scientific Reports gli autori della Sapienza di Roma, del Cnr e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
“La terra, prima di un terremoto, potrebbe mandarci dei segnali” spiega Andrea Billi dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr. “È possibile che nelle falde vicine alla superficie penetrino acque profonde, modificandone la composizione chimica”. Poco prima del terremoto di Kobe del 1995, un ricercatore iniziò per caso a monitorare le acque della zona, ottime per fare il sake. Trovò un valore di radon quadruplo rispetto al normale.
Fonte: Repubblica.it